





La Valchiria (Die Walküre) secondo dramma della tetralogia L’anello del Nibelungo (Der Ring des Nibelungen) di Richard Wagner, composto da un prologo e tre giornate cui corrispondono L’oro del Reno (Das Reingold), la Valchiria, Sigfrido (Siegfried) e il Crepuscolo degli dei (Götterdämmerung), è forse il dramma più entusiasmante e travolgente dell’intera tetralogia in cui Wagner già supportato da precedenti riflessioni teoriche espresse in diversi scritti tra cui citiamo almeno Opera e dramma (Oper und drama) del 1851, realizza la sua riforma dell’opera secondo una concezione di dramma musicale da cui sarebbe stato difficile prescindere nel seguente sviluppo del teatro musicale otto-novecentesco. Tale dramma corrispondente alla prima giornata rappresenta sicuramente il nodo centrale dell’intera vicenda, in cui si verificano le azioni conseguenti alla premessa del Prologo che si perde in un passato indefinito, in un tempo senza tempo in cui si rappresenta un mondo primordiale da cui muove questa saga mitologica che Wagner sceglie quale oggetto di una complessa e gigantesca costruzione artistica e da cui scaturirà il restante svolgimento nei successivi due drammi fino alla distruzione finale del mondo degli dei nell’ultima giornata. La Valchiria è dunque il nucleo cruciale in cui gli dei si umanizzano e gli umani si ergono alle altezze del coraggio e della coscienza, mentre perfino nel mondo divino si insinua il dramma della libera scelta per la disubbidiente Brünnhilde, la più cara delle Valchirie figlie di Wotan, il re degli dei, destinate a recare nel Wahlhalla (sorta di Olimpo delle divinità nordiche) gli eroi umani più valorosi morti in battaglia, al fine di formare un esercito a difesa dello stesso mondo divino minacciato da schiere antagoniste come quelle dei Nibelunghi o dei Giganti. In realtà la composizione dei drammi componenti la tetralogia procede a ritroso, avendo Wagner dapprima ideato il dramma della Morte di Sigfrido, poi divenuto l’ultimo col titolo de Il crepuscolo degli dei, concepito nel suo periodo rivoluzionario in cui l’autore era ancora legato all’idea di un possibile riscatto dell’eroe e dell’umanità, sentendo poi la necessità di andare a ritroso ad illustrare dall’ultimo dramma al primo i primordi mitologici della storia che parte dal furto dell’oro da parte del nano Alberich, il Nibelungo, alle ondine del Reno sue custodi, origine dei mali e del desiderio di potenza nella rivalità crescente tra i Nani (i Nibelunghi), i Giganti e gli Dei capeggiati da Wotan. A seguire, i fatti decisivi contenuti per l’appunto nella Valchiria e il prosieguo di quelle azioni nella seconda giornata corrispondente al dramma del giovane Sigfrido (Siegfried) figlio dell’amore incestuoso di Sigmund e Sieglinde, per giungere infine nella terza giornata all’epilogo dell’intera saga. L’intenzione era di far comprendere nella maniera più completa il mito e il suo significato. Nella complessità delle implicazioni concettuali, filosofiche, sociali, politiche e psicologiche di tale complesso lavoro, che nel clima ottocentesco caratterizzato dalla ricerca delle radici della storia individuale di ciascun popolo, rispondeva anche al desiderio e alla volontà di affermazione di un teatro musicale nazionale tedesco, la Valchiria rappresenta forse l’opera più fresca e più amata della tetralogia essendo quella in cui tutta l’evoluzione comincia. L’idea a cui è approdato Wagner in tale creazione, che nella stesura di testi e musica l’impegna per un lungo arco di tempo a partire dall’ideazione nel 1848 fino alla prima rappresentazione complessiva del Ring avvenuta durante il primo festival di Bayreuth nel teatro appositamente costruito del Festpielhaus, nel 1876 sotto la direzione di Hans Richter, è quella di una concezione di opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk) frutto di un’unica mente creatrice, capace di coinvolgere integralmente lo spettatore attraverso la totalità della percezione sensoriale, in una unità di parola, suono, azione, nonché attraverso l’aspetto visivo esaltato dalla totale immersione nella scena unicamente illuminata rispetto al buio della sala, nella concezione di un golfo mistico in cui anche gli esecutori strumentali non sono più offerti alla vista, ma occultati nella famosa “fossa orchestrale” iniziando una consuetudine tutt’oggi in vigore. Le fonti principali delle vicende narrate, cui Wagner apportò sue personali modifiche, sono I racconti dell’Edda un poema in norreno (lingua germanica antica) contenuto nel Codex regius, manoscritto medievale lacunoso in alcuni punti e la Volsunsaga, più intricata, che va a completare alcune di quelle lacune.
In particolare la Valchiria tenne impegnato l’autore, per quanto riguarda la stesura del testo dal novembre del 1851 al primo luglio 1852 e per la composizione della musica dal 28 giugno 1854 fino al 20 marzo 1856, intrecciandosi a questo lavoro, tra l’altro, la gestazione del Tristano e Isotta che sarebbe stata completata nel 1859.
La prima rappresentazione avvenne a Monaco al Königliches Hof und Nationaltheater, il 26 giugno 1870. Negli anni tra il 1854 e 1855, Wagner era stato molto impressionato dalla lettura esaltante di Schopenhauer, del suo Mondo come volontà e rappresentazione, che lo condurrà, avendo già superato l’ottica dei vecchi rivoluzionari, all’idea che l’unica redenzione possibile consiste nel superamento della volontà di vivere. Tale idea si esplica oltre che nel Tristano, nell’intera tetralogia, di cui nella Valchiria si tratta il passaggio fondamentale così come è ancora tutta incentrata sull’amore assoluto che avrà il suo risvolto totalizzante nella morte. Il 1954 è d’altronde l’anno del suo amore travolgente per Mathilde Wesendonk che comportò un accresciuto coinvolgimento emotivo espresso in un tipo di melodia che si effonde nel canto amoroso e in un sinfonismo pieno e appassionato.
L’amore non è solo quello incestuoso di Sigmund e Sieglinde, ma anche quello paterno di Wotan per Brünnhilde o quello solidale di quest’ultima verso i Welsunghi che un tempo Wotan (Wälse) stesso, disceso sulla terra, ha generato da una donna mortale al fine di creare una discendenza di eroi.
L’amore descritto nel primo atto è tuttavia molto diverso da quello presente nell’opera italiana e francese, in quanto è ‘conoscenza’ e trova la sua ragion d’essere nel passato attraverso una struttura narrativa, mentre anche gli elementi e la natura stessa partecipano di questa genesi. È nel mezzo di una furiosa tempesta che Sigmund inseguito dai nemici cerca riparo in una casa sorta attorno ad un antico frassino, abitata proprio da quella sorella gemella da cui fu separato da bambino quando una stirpe avversa aveva ucciso la loro madre, distrutto la casa e rapito Siegliende bambina, costretta in seguito a sposare contro la sua volontà il nemico Hunding. I due provano subito un’inspiegabile attrazione e saranno i loro rispettivi racconti ad avvicinarli sempre più. Intanto il racconto di Siegmund svela ad Hunding la sua identità permettendogli di riconoscere in lui uno dei suoi più acerrimi nemici, accolto solo momentaneamente per dovere di ospitalità ma poi sfidato a duello per il giorno seguente. Il racconto notturno di Sieglinde, una volta addormentato il marito con un sonnifero, è un crescendo di emozioni in cui svela di attendere di essere liberata dall’eroe che estrarrà la spada a suo tempo conficcata da Wotan stesso nel tronco del frassino. Siegmund riesce nell’impresa e i due si abbandonano all’amore mentre la tempesta ha lasciato il posto alla primavera cui viene intonato un inno da Siegmund (“Winterstürme wichen den Wonnemond”) una sorta di aria che si sottrae al flusso della melodia infinita con una struttura periodica e simmetrica della melodia affidata al canto, l’altra celebre è quella corrispondente all’addio di Wotan nel terzo atto (“Der leuchtendes Paar”) due punti che dimostrano come al di là della logica del Musikdrama la valenza drammaturgica di procedimenti appartenenti alla tradizione operistica italo-francese permane.
Acutamente Luca Zoppelli osserva in generale che in Wagner “il pragmatismo del grande drammaturgo musicale è più forte dell’ideologo” e ciò vale anche per l’atteggiamento nei confronti degli espedienti musicali atti alla realizzazione del dramma in musica. Il successivo passaggio è il loro riconoscimento come fratelli, in terre wagneriane ciò non impedisce la passione amorosa. L’intero atto si esplica dunque sul divenire di un amore come eroismo, compassione, cognizione. Musicalmente il flusso continuo creato da Wagner nei suoi drammi riformati privi di forme chiuse (i numeri dell’opera italiana) mirando sempre più all’accostamento dell’opera al dramma parlato attraverso un declamato melodioso scandito sulla parola, si basa sull’utilizzazione in orchestra, nel tessuto sinfonico, di motivi conduttori (leitmotive) che vanno oltre i motivi “identificanti” o “evocatori” citati da Joseph Kermann, già presenti nell’opera tradizionale che fungevano da “indviduazioni” o “ripetizioni tematiche” funzionali al dramma nel consentire all’ascoltatore di collegare significativamente momenti diversi, per rappresentare invece motivi più brevi e flessibili, dettagliati e costantemente ripetuti nello strutturare, quali cellule musicali, una complessa trama sinfonica in cui voci e strumenti sono coinvolti in una comune corrente sonora. In tale flusso l’incontro e l’amore di questi due personaggi, protagonisti di un dramma nel dramma, è qui affidato soprattutto agli archi, sono i violini a tracciare un insistito motivo ansioso alla comparsa di Sieglinde, mentre i violoncelli esprimono il motivo della fuga di Siegmund. Emozione e compassione improntano il loro dialogo. Una sonorità diversa si associa bruscamente all’apparizione di Hunding che in contrasto con la passione del canto di Siegmund, si annuncia con un motivo dapprima in piano per poi esplodere nel forte attraverso il timbro energico delle tube che spazzano via il clima melodioso forgiato in precedenza dai violini. La tonalità di do minore presagisce sventura anticipando la marcia funebre del Crepuscolo. I leitmotive della tetralogia non appartengono a ciascun singolo dramma ma la attraversano in tutta la sua estensione, trasmigrando dall’uno all’altro dei quattro drammi che lo costituiscono. Nel prosieguo dell’incontro notturno, l’amore è destinato a trionfare. La vocalità si distende in arcate melodiose. Tale distensione si riscontra, al di là dell’occasione dello slancio amoroso, anche in situazioni drammatiche più complesse a seguire, come, ad esempio, nell’espressione di Sigmund quando nel secondo atto, compresa la sua sorte, manifesta di voler uccidere Sieglinde e se stesso se ella non potrà seguirlo nel Walhalla, o ancora nella pregnante melodia in cui si traduce, nel terzo atto, il percorso psicologico di Sieglinde nel momento in cui trapassa dal desiderare la morte alla splendente visione dell’eroe futuro che ella partorirà, di cui ringrazia Brünnhilde in un acme di esplosione lirica. Le corrispondenti parole culminanti sono “O hehrstes Wunder, herrliche Maid!” (“O somma meraviglia, o vergine stupenda”) il cui motivo dal valore simbolico, ritorna addirittura a chiusura dell’intero ciclo alla fine del Crepuscolo. Nel secondo atto il dramma manifesta il suo nodo tragico che nel senso idealistico e schilleriano del “tragico” cui si conforma il modello della Valchiria (L. Zoppelli), corrisponde a quella situazione dialettica in cui i protagonisti avviluppati in “un groviglio di istanze morali contrapposte” non possono non scegliere, pur all’interno di una crisi irriducibile, accettando l’“annientamento” che ne consegue. In tale necessità vengono a trovarsi sia Wotan che Brünnhilde, sorta di Antigone nordica, entrambi combattuti tra amore e “legalità”. Wotan, in quanto pur riluttante, andando contro il suo desiderio di salvare il figlio Siegmund per cui aveva dato sulle prime incarico a Brünnhilde di muoversi in suo soccorso nello scontro con Hunding, deve cedere alla richiesta della moglie Fricka di procurarne invece la morte in quanto reo di un amore incestuoso che va contro le leggi del regno, oltre che perché generato da un tradimento del marito; Brünnhilde in quanto non riesce a rispettare il contrordine di Wotan dovuto alla necessità, sentendo di dover rispondere al suo dettato interiore che le impone di salvare i due amanti. A quel punto sarà lo stesso Wotan ad intervenire spezzando la spada di Siegmund con la sua lancia derivata da un ramo di frassino su cui fonda la propria potenza, pur sempre condizionata dalle leggi che regolano il mondo. Centrale e fortemente drammatico risulta dopo il colloquio con Fricka, l’amaro, lungo e riflessivo monologo di Wotan che al di là di ciò che ci si aspetterebbe, anziché essere un arioso, è un lungo recitativo in cui il dio, qui umanizzato, esprime sentimenti di malcontento e di angoscia, presentando la sua statura tragica proprio nel conflitto con gli altri personaggi che sono parti di lui ma anche dotati di un’essenza autonoma. In primis Brünnhilde, la vergine guerriera che si presenta col grido combattivo delle Valchirie dai cavalli alati, non ancora musicalmente individualizzata, bensì assimilata al motivo che sarà il fulcro tematico sviluppato nella celebre cavalcata del terzo atto, e che incarna proprio il contrasto dello stesso Wotan tra il suo volere e il suo sapere. Disubbidendogli la figlia non fa altro che portare avanti il desiderio più profondo del padre. Riguardo al monologo di quest’ultimo annunciato dai tromboni in orchestra che riproducono un’eco della maledizione di Alberich ascoltata nell’Oro del Reno, è Carl Dahlhaus a far notare che la traccia dell’opera in musica di conio tradizionale con il suo avvicendarsi di recitativi, arioso ed aria non si annulla completamente nel Musikdrama wagneriano presentandosi piuttosto rispetto alla «melodia infinita» che lo caratterizza, sotto forma di gradazioni che ricordano lontanamente la vecchia articolazione. Non a caso Wagner concepisce la melodia infinita come «linguaggio di parola e musica» («Wort-Ton -Sprake»). Ancora una volta è invece un canto spegato quello che Brünnhilde intona nel soccorrere Siegmund. Dalla disubbidienza deriva almeno la salvezza di Sieglinde e del figlio che porta in grembo, il futuro eroe Sigfrido. La punizione per la Valchiria sarà terribile con la perdita della sua divinità. Il terzo atto si svolge in paesaggi rocciosi attraversati dalla selvaggia cavalcata delle otto sorelle allontanate bruscamente dal padre dopo aver tentato invano di proteggere la sorella trasgressiva dalla sua rabbia. D’altronde fin dal Preludio al primo atto l’orchestra è capace di rendere squarci di distese fisiche di cieli e montagne privilegiando i timbri degli ottoni e traducendo tempeste e agitazioni dell’animo. Qui nel terzo atto, in particolare, dopo i momenti riflessivi e sentimentali del secondo atto, si dà spazio al mondo selvaggio e valoroso delle Valchirie, divinità che recano in sé la forza potente della natura, ma anche ai momenti di commozione nel confronto tra padre e figlia dopo l’ira terribile di lui. Su richiesta di lei un cerchio di fuoco proteggerà Brünnhilde addormentata, che solo l’eroe più valoroso potrà oltrepassare.
Il tessuto sinfonico del terzo atto è ancora più denso e fitto di leitmotive, inizialmente un vero e proprio uragano con enorme dispiegamento di mezzi sonori esprime la furente ira di Wotan che insegue la figlia. L’intenzione di quest’ultima ormai è solo quella di mettere in salvo Sieglinde a cui preannuncia la nascita del futuro Sigfrido offrendole l’occasione per il suo luminoso sfogo melodico, in cui, come si è visto, passa dal desiderio di morte alla gioia. Ci si avvia quindi all’ultimo distacco tra Wotan e la figlia una volta che l’uragano iniziale ha lasciato il posto ad una quiete crepuscolare e poi alla notte. Nell’ultimo dialogo ella fa capire di aver seguito le leggi del cuore. Un’ampia melodia li avvolge abbracciati.
Amore e pietà invadono Wotan che bacia la figlia addormentata, su una musica più distesa e pacificata, prima che il fuoco circondi la fanciulla. Tante le occasioni di grande suggestione nel fluire incalzante della vicenda non priva di momenti di contemplazione, è il caso di quell’ “espressione estatica” sottolineata da Salvetti, relativa alla staticità fatta di silenzi che viene a crearsi quando Brünnhilde preannuncia a Siegmund la morte mentre assiste Sieglinde addormentata, ritenuta una delle scene più toccanti del teatro musicale di ogni epoca, o ancora alla grande commiserazione di Wotan verso se stesso e la propria sorte, subentrata al primiero furore provato verso la figlia ribelle, in questi casi Wagner attingendo all’esperienza filosofica del negativo e del dolore umano trova un’espressione fatta anche di diluizione della piena sinfonica, prediligendo coloriti scuri oltre che una frammentazione ritmica e del canto. Eppure sul negativo e sull’annientamento di ascendenza schopenhaueriana in questa tragedia nel senso classico sopra individuato, vince moralmente Brünnhilde che ha saputo seguire la “legge dell’amore” equivalente a quella della giustizia, anche se destinata a morire. Come sempre in Wagner tra i due principi quello maschile rappresentativo del razionale, del potere e della legalità e contrattualità e quello femminile legato per lui all’intuito, alla spontaneità e all’amore, è il secondo che può aprire in ogni caso, pure nella distruzione, spiragli di riscatto e di salvezza, assolutamente espressi nella musica in prevalenza appassionata, di presa immediata, di quest’opera corrispondente al tumulto e all’abbondanza emotiva di una giovinezza dello spirito che il musicista stava vivendo.
L’anello del Nibelungo di Richard Wagner
Plamen Kartaloff
“L’anello del Nibelungo di Richard Wagner è forse il capolavoro più grandioso e impressionante del diciannovesimo secolo tra tutti i campi dell’arte. Per questo motivo Wagner è stato paragonato con Eschilo e Michelangelo.”
The Opera Companion, George Martin
L’obbiettivo principale di questa nuova nostra produzione è di addentrarci ancora più in profondità, compiendo un viaggio in una storia fantastica di personaggi ed eventi di epoca mitologica, inserita nel contesto del presente e del futuro ma rivolti alle proiezioni di un mondo situato nel ciclo ricorrente della nascita – vita – morte.
Il tempo mitologico può essere trasferito nella realtà di qualsiasi epoca storica al comportamento e alle relazioni delle persone e delle società, nella loro continua competizione per il raggiungimento del profitto, del potere e della supremazia mondialie. I conflitti portano alle guerre che a loro volta generano cerchi di interessi e attività illegali. Il rapporto tra privilegio e normalità si manifesta attraverso una continua interazione dialettica tra l‘essere umano e le società.
La straordinaria abilità di Richard Wagner nel coniugare musica e dramma rappresenta per me la chiave per realizzare un’immagine scenica dell’opera L’anello del Nibelungo. Tutte le forme d’arte – poesia, teatro, musica, architettura e scultura- sono interconnesse nel dare vita alle idee che scaturiscono dalla filosofia della sua opera. Queste arti fungono anche da strumenti interpretativi per la mia nuova lettura del drammaturgo, scrittore e compositore, permettendomi di visualizzare la sua musica nella dimensione spazio-temporale.
Le mie idee spaziavano tra potere d’impatto provocatorio e le atmosfere del mandala nella trasformazione delle immagini. Dalla sua capacità interiore di svelare il significato delle funzioni sceniche dei tre triscele deriva la connessione con determinati campi energetici.
Ero incuriosito dai misteriosi elementi circolanti del triskelion. Il ruolo di questi tre elementi geometrici circolari è di comporre lo spazio scenico. Nel ciclo della tetralogia essi hanno il significato di una sorta di spirale della vita nei quattro drammi wagneriani. Sono la costruzione delle immagini successive dello sviluppo dell’azione. In equilibrio simmetrico o separati, profondamente intrecciati e lacerati indipendenti l’uno dall’altro, essi costituiscono l’anima dell’azione in completa interconnessione tra loro. Gli eroi di Wagner si trovano in un ciclo di vita che va dalla nascita dei loro mondi alla loro grandezza e al loro declino. Un aspetto fondamentale è che riflettono l’esperienza condivisa del cosmo dell’Anello del Nibelungo, un’opera mitologica che raggiunge un potere titanico grazie alla musica di Richard Wagner, una musica che guarda al futuro. La mia visione come regista, che parte dallo spartito della tetralogia di Wagner e si traduce in immagini sceniche, crea un universo di energie. Attraverso la forza espressiva dell’iperbole, si manifesta anche un potente simbolo dell’idea di grandezza e di crepuscolo. Si tratta di un ciclo che si sviluppa in modo circolare e dinamico, rappresentando un mondo e le persone che lo popolano, dalla loro nascita fino alla loro morte.
L’immagine dello spettacolo è creata dalla suggestione e dal potere magnetico della musica che accende l’immaginazione attraverso immagini cinematografiche spazio-temporali. In armonia con il ritmo costante del movimento, anche gli episodi e le scene drammatiche creano forme sceniche. Crescono con la visione di composizioni geometriche, creano una varietà di campi d’azione con proiezioni astratte e surreali. Ma sono motivati da spettacoli teatrali ricchi di azione. Le immagini possono anche dare l’imperessione di energie frammentarie che vanno dal costruttivismo ai motivi simbolici del mandala. Il cerchio, il quadrato, il triangolo e i modelli variabili delle loro forme, la cui energia deriva dai movimenti cinematici dei tre elementi fondamentali, forniscono un impulso vitale nella costruzione di una serie di scene e situazioni successive nello sviluppo musicale e scenico.
Parlando di Richard Wagner, voglio mettere in evidenza quanto la sua influenza sia fondamentale come regista nel mio lavoro con gli artisti. È un impegno costante che metto in pratica per il loro bene, e sono convinto che le intuizioni di Wagner sul suo approccio con i cantanti lirici tedeschi diventino per me delle vere e proprie linee guida. Queste non solo mi aiutano a cercare un’interpretazione registica profonda di ogni nota della sua musica, ma diventano anche requisiti fondamentali per gli artisti di oggi.
Rileggendo le sue riflessioni nella Poesia e musica nel dramma del futuro, esse rappresentano, ancora oggi, un preziosissimo orientamento lasciato da Richard Wagner.
Per lui: Il poeta condensa nelle parole numerosi momenti di azione, percepibili solo dalla mente, fino al punto in cui ciò è accessibile al sentimento, mentre il compositore deve dilatare il punto conciso e compresso in base al suo pieno contenuto emotivo spiegandolo in tutta la sua ampiezza…
Il poeta dei toni deve non solo esprimere il contenuto emotivo di questa o quella vocale separatamente, ma anche presentare al sentimento il contenuto affine a tutti i toni del verso…
Proprio come gli accenti in una frase ricevono la loro luce non solo dal significato, ma anche dalla loro espressione sensoriale nelle parole e nelle sillabe non accentate, così i toni principali devono ricevere la loro luce speciale dai toni secondari a loro correlati, come i toni deboli battono quelli forti…
Con il suono musicale della vocale nella parola, il sentimento si eleva a una sorta di padrone dominante di tutte le manifestazioni sensoriali…
…Per la necessaria espressione emotiva, il sentimento musicale, e solo esso, determina la selezione, il significato e l’importanza dei toni secondari e maggiori in un’affinità indistruttibile con il testo.
L’artista-cantante lirico, deve essere preparato in anticipo al fatto che le opere di Richard Wagner sono una prova anche per la resistenza in una forma unitaria per l’integrità e la connessione ininterrotta del contenuto del materiale musicale nello spazio e nel tempo dell’azione di sviluppo come espressione unitaria.
Le severe prescrizioni di Wagner restano oggi una legge per i cantanti:
Sforzarsi di fare coincidere il testo con le note della melodia.
Prestare attenzione al significato del testo.
Evitare negligenze nel proprio lavoro sul testo,
Collegare verso e melodia.
Il cantante drammatico dovrebbe sforzarsi di pronunciare chiaramente le vocali e le consonanti che interferiscono con il canto e lo rendono difficile. La voce non è uno strumento puramente musicale; la melodia in senso assoluto non è importante né per essa né per il pubblico. Soprattutto è da evitare l’incomprensione da parte del cantante del significato dei recitativi, volendo liberare la sua voce, per mostrarsi non come un oratore drammatico, ma come il possessore di una buona gola e di polmoni sani.
Il cantante si dovrebbe distinguere per il suo modo di parlare, come un cantante drammatico, simile al virtuoso del violino, che con sfumature e passaggi sa rendere l’esecuzione musicale piacevole e interessante.
Il risultato artistico è la corretta comprensione del verso-melodia.
Il metodo di Wagner, definito nella sua opera Allitterazione, è chiave fondamentale nell’interpretazione della vocalità e dell’espressione, nell’immagine scenica e nella rappresentazione dei personaggi. Ciò significa che, attraverso il suono e il tono del canto, la voce tocca l’anima del pubblico con toni che provengono dal cuore e dall’anima dell’artista.
Anche l’orchestra ha un ruolo fondamentale nell’azione, collaborando con il cantante-attore fondendosi insieme per diventare protagonisti a tutti gli effetti! La loro presenza arricchisce il dramma, contribuendo all’integrità del contenuto emotivo che si esprime sulla scena.
Il linguaggio musicale è il principale mezzo di espressione nella composizione della messa in scena, del modo in cui i personaggi interagiscono, creano e partecipano alle situazioni, vividamente evidenziate dall’azione lirica, melodica e drammatica. Ogni battuta contribuisce a soddisfare il bisogno di dare significato alla galleria di immagini e personaggi, rendendo vivace la loro interazione.
L’accompagnamento orchestrale è una potente forza di espressione ed è sempre in dialogo con ciò che accade negli spazi e nell’integrità scenica.
L’aspetto sifonico del teatro di Wagner gioca un ruolo fondamentale nella regia. I leitmotive sono in interazione fervente musicale-verbale e costituiscono i dettagli efficaci della rappresentazione. Sono un mezzo di espressione psicologica della personalità dei personaggi e scaturiscono proprio dall’inscindibile legame tra orchestra e palcoscenico. Questa connessione pulsa costantemente solo a partire da idee musicali, per una ricreazione scenica figurativa.
In Ricahrd Wagner L’orchestra possiede la “parola” … Ha la capacità di esprimere l’inesprimibile attraverso la parola. La capacità espressiva dell’orchestra risiede nel collegamento degli strumenti con le espressioni facciali, le smorfie e i gesti del palco. La linea melodica dell’orchestra si inserisce nella concezione poetica delle premonizioni del personaggio e rende necessari stati d’animo emozionanti nel carattere e nelle situazioni dell’eroe.
La caratteristica dell’espressione è l’assoluta connessione con il linguaggio volutamente distinto dello strumento, suscitando stati d’animo: presentimenti, desiderio o tranquillità sono mezzi per dare un significato emotivamente condizionato al dramma.
L’orchestra è capace di risvegliare premonizioni e ricordi, infondendo il pensiero linguistico nell’umore musicale dei cantanti-interpreti. Affinché la situazione creata possa essere compresa e percepita chiaramente, nello spazio e nel tempo, dall’occhio e dall’udito dell’osservatore, la sua costruzione deve dipendere dal bisogno interiore e dalla capacità di interpretazione…
Per suggerire la visualizzazione scenica della drammaturgia musicale, la drammaturgia dello spartito tradotto nell’elemento della luce è di grande importanza. L’illuminazione dettata da motivazioni artistiche è un elemento essenziale per costruire le atmosfere legate alle situazioni specifiche dell’azione in ogni parte dello sviluppo drammatico.
Questo nostro lavoro è stato creato in collaborazione con le idee dello scenografo Hans Kudlich, della costumista Hristiana Mihaleva-Zorbalieva e dell’ingegnere costruttore Georgi Georgiev. Un ringraziamento speciale va all’assistente alla regia Julia Krasteva, che si è dedicata con grande professionalità alla realizzazione del mio nuovo progetto.
Ma nulla sarebbe stato possibile senza i meravigliosi artisti del Teatro dell’Opera di Sofia, che da oltre un decennio si dedicano con immensa passione alle opere di Wagner.
La possibilità di poter mettere in scena quest’allestimento al Teatro “Giuseppe Verdi” di Salerno nasce dall’incessante desiderio del Maestro Daniel Oren di misurarsi con sfide sempre nuove e stimolanti che possano essere strumento di divulgazione artistica. Desidero, pertanto, esprimere il mio più sincero ringraziamento al Direttore Artistico per averci dato l’opportunità di presentare Die Walküre di Richard Wagner nel vostro prestigioso teatro. È un onore immenso poter lavorare in un luogo così ricco di storia e di arte, dove ogni nota e ogni scena prendono vita in un’atmosfera magica; siamo entusiasti di vedere come questa produzione prenderà vita nel vostro spazio. La complessità di quest’opera è una sfida che ho accolto con entusiasmo, e sapere di avere il vostro supporto e la vostra fiducia rende questa esperienza ancora più speciale. La vostra visione e il vostro impegno nel promuovere l’arte operistica sono fonte di ispirazione per tutti noi, e sono grato di poter contribuire a questo straordinario progetto.
Questa fruttuosa interazione tra i nostri due teatri internazionali non è solo un momento significativo per entrambi, ma rappresenta anche l’inizio di una collaborazione che promette di arricchire le nostre rispettive comunità artistiche. Sono certo che il nostro scambio culturale darà vita a un flusso continuo di idee e progetti, creando un legame che andrà oltre le singole produzioni.